Nuova Zelanda...MW



"Nuova Zelanda...tra sogno e realtà"

Novembre 2007,

In avvicinamento a Christchurch sotto era un mare di nuvole, e NZ vista dal finestrino di un tubo di alluminio non si voleva svelare.

Ma gia' nel percorso a terra di avvicinamento ad Omarama potevo vedere da lontano quello che, speravo, sarebbe stato il mio "campo di giochi" della prossima settimana.

Gia' solo il nome e' un mito: Omarama, vista nei filmati del grand prix di Vav 2006 mi aveva lasciato senza parole: ma all'arrivo l'emozione e' ancora maggiore

riconosco subito la sede dell'areoclub vista sul dvd...

Il tutto era gia' stato organizzato per e-mail, e l'efficientissima Mandy mi fornisce documentazione da leggermi (Omarama: visiting pilot guide..) , cartine del luogo ed indirizza al bungalow, nuovissimo,  a  50 metri dalla pista che sarebbe stata la mia casa per i prossimi giorni.

Cena nel caldo ambiente del "Omarama cafe'" dove mangero' per tutta la settimana ad un costo sorprendentemente basso.

Al risveglio, il mattino dopo guardo il cielo : un benvenuto che fa sognare !

Ore 9:30, briefing : allo stage siamo in tre,  2 ore e mezza sono poche ( ma si ripeteranno tutti i giorni, con argomenti sempre diversi) per istruirci su procedure, spazi aerei, meteo, orografia del luogo, ricordarci le particolarita' e differenze di cui dobbiamo tenere conto ( il sole appare spostato verso nord ... e la declinazione della bussola e' un enorme 26,2 gradi !!!! )

Ogni ora, report a "dot com base" su 119,1 , o se lontani su 133.5 dove .. hanno due ripetitori sui monti !!

Ore 13, in linea. il "mio" e' un duo discus ( ne hanno 5...) "November Sierra" da portare in linea, che e' gia' lunghissima

Il cielo nel frattempo si e' un po' coperto, ma Gavin mi assicura che sopra l'onda c'e'....

un rimorchietto e' portato in giro per gli alianti, per .... riempire le bombole di ossigeno !!

Agganciato, cavo teso.. vento, 35 nodi... "All Out!" ed il potente Pawnee mi porta allo sgancio previsto, sorprendentemente basso, in un attimo. (Release here, the ridge at our right is ok...)

Il costone mantiene la promessa, ed in pochi minuti siamo a 4.800 piedi... ed ora? mi guardo intorno un po' sperduto, tante nuvole.... con l'aiuto di Gavin riconosco il rotore, e dopo un po' di discendenza, eccola !! un bel +10 feet/min mi porta a 12.000 piedi, tra due strati di nuvole, con tante belle lenticolari ...

 

Da qui inizia il mio primo giorno, 4 ore e passa di emozioni , il Mte Cook (3.754 metri), il piu' alto del paese, e' li' sotto di me che spunta dalle nuvole; il panorama e' mozzafiato,   monti innevati e laghetti...

I Giorni seguenti non sono da meno visti poi in compagnia del simpaticissimo Phil sul suo DG1000 "Delta Golf" nuovo di zecca, che mi regala tantissime emozioni, e momenti di ilarita' (hai mai dormito sotto l'ala di un aliante circondato da pecore? no? se non vuoi provare l'emozione, torna indietro, questa valle e' chiusa...) o di emozioni originali, come un ritorno di 150 km fatti in un fronte, tutti dritti a 90 nodi e sotto la pioggia !!!

La settimana scorre con una rapidita' incredibile, la meteo non e' stata eccelsa, ma nonostante cio' si e' volato tutti i giorni minimo 3 ore, in un ambiente stupendo, con condizioni emozionanti.

 

Per l'anno prossimo vorrei organizzare una "Italian week" , un gruppetto con cui tornare e condividere queste e nuove emozioni.  Vuoi venire anche tu ?

sei il benvenuto !!! 

Marco

La catena degli eventi


 

Sgancia, Strizza, Sbatti, Sobbalza e…Stucco! 

Novi, un giovedì pomeriggio con il cielo bello ricco di cumuli.

Un aliante appena tirato fuori dal carrello, tanto sognato, tanto cercato e finalmente pronto da volare; gelcoat liscio e lucido come cul-di-bimbo (o cranio-di-Berlusca a seconda dei punti di vista); abitacolo finalmente spazioso anche per le mie misure “fuori ordinanza”; flap ancora-da-capire-al-100% ma sicuramente forieri di ottime prestazioni e atterraggi “sul posto”.

Come in un sogno, un insieme di pezzi di vetroresina ammassati dentro un contenitore – grazie all’aiuto di amici volenterosi – si trasforma in pochi minuti in una splendida e aggressiva macchina volante, che sembra soffrire anche solo a rimanere a terra. Un debole vento fa vibrare le ali, e resistere è perfettamente inutile.

In pochi istanti, trainato per il ventre, il mio (e di Fulvio, non dimentichiamolo, …anche se non l’ha ancora volato!) I-OKAY lascia la pista di erba per galleggiare nell’aria primaverile. Un volo, non lunghissimo ma pienamente goduto, più che altro per cercare una prima sintonia con un nuovo amico: nuovi rumori, sensazioni, vibrazioni, sensibilità, avvertimenti, piccoli segnali…per guardare di fianco e credere per un attimo che le ali spuntino proprio dalle mie spalle; per socchiudere gli occhi e farsi sollevare dalle bolle tiepide che quest’anno incredibile ci sta regalando con buon anticipo.

Imposto l’atterraggio; l’aliante si lascia perfettamente guidare lungo le virate sulla prenotazione, cerchi precisi, la velocità regolare e costante…sto diventando un po’ più bravo o è lui che si comporta bene? (E’ lui…). In finale regolo i flap sul “landing” e avverto fisicamente che la macchina rallenta; se apro i diruttori – penso sorridendo – ritorno quasi all’efficienza di un parapendio degli anni ’80… L’aliante tocca terra, anche un po’ prima dei 3 cinesini (bottiglia? Non c’è problema! Ormai il mio debito ha eguagliato le giacenze della Cantina Sociale di Ricaldone…), rimetto i flap a zero, abbasso i diruttori e lo lascio correre, “guidandolo” sull’erba fin quasi alla sua casetta.

Non esco subito: rimango un po’ seduto, a pensare al volo appena finito; dove ho sbagliato, cosa potevo fare meglio, quella pedaliera che schiaccio sempre un po’ troppo…e poi il computer, un poderoso LX 5000 che corri il rischio di non guardare più fuori se dai retta a tutti i numeri, linee, grafici, dati, longitudinilatitudini, variosollfahrt, regolazione dei biiip e dei bluuurp…ma è così bello, che ti fa scegliere il nome del pilota, che te lo colleghi al palmare…certo che però potevo stare ancora un po’ su.

Guarda là che bel cumulone. Certo che…non è neanche troppo tardi…poi magari nei prossimi giovedì viene brutto…

Chiamo Luca e gli chiedo se mi riaccompagna in testata pista; mentre mi preparo a scivolare di nuovo nell’abitacolo, Luca riporta a posto la macchinina e sale sull’AlfaSierra, chiedendo nel frattempo a Vittorio se ha voglia di venire a reggermi l’ala. Ovviamente sì. Sempre tutti disponibili. Chiudo il capolino, sta arrivando il traino. Trallallà che bello, di nuovo in aria, di nuovo a galleggiare tra le nuvole.

Arriva Vittorio, e apro il cupolino per chiedergli come è stato il primo decollo. “Uno schifo” mi risponde sintetico, e prima che ci possa rimanere troppo male mi suggerisce come fare per tirare su queste ali che sembrano fatte di chewing gum (“ciungai” in Italiano…); ringrazio e mi preparo per il decollo; Vittorio mi  aggancia, controlli di routine, pollice in alto e…si parte. Miracolo! Riesco a tenere le ali parallele al terreno da subito, l’aliante si alza che è un piacere; in pochi istanti siamo oltre i 100 metri di quota, e mi sembra persino di sentire una piacevole brezzolina che mi accarezza il viso… E giusto in questo momento il Grande Veleggiatore (quello per intenderci che non ha bisogno di termiche per stare Bello Alto, quello che le altezze da volo d’onda gli fanno un Divino Baffo, e che per di più non ha bisogno di ossigeno…quello che Comanda, insomma) decide di ricordarmi che tra la forza di gravità (che peraltro ha inventato Lui) e un qualunque oggetto volante…alla fine vince sempre la prima!: Caz.., il cupolino aperto!! Dopo aver parlato con Vittorio non l’ho richiuso! Cretino!

E ora, Siore e Siori...benvenuti alla rappresentazione ufficiale della famosa “Catena degli Eventi” (rullo di tamburi)!

  1. Non mi fermo a riflettere che – per l’aria che lo colpisce, la tipologia di aggancio e la sua conformazione – il cupolino non può materialmente aprirsi, ma solo sollevarsi pochi centimetri.
  2. Incurante dell’incombente lezione dall’Alto, e quindi per nulla umile, mi considero perfettamente in grado di mantenere un corretto allineamento col traino mentre abbandono perunattimosoloperunattimo (orrore!) la barra per chiudere il cupolino.
  3. In una frazione di secondo dopo aver abbandonato i comandi, l’aliante – per di più trainato ventralmente - si impenna in verticale, facendomi perdere immediatamente di vista il traino (ah, dimenticavo: mettendo in grave pericolo il trainatore, che si sente sollevato repentinamente per la coda e vede il muso dell’aereo, con il motore a manetta, puntare verso terra).
  4. Piccola nota “positiva”: sia Luca che il sottoscritto sganciamo il cavo in tempo e praticamente in contemporanea, tanto che il cavo stesso si perderà nei prati antistanti la testata 18. L’incolumità del trainatore e del mezzo è perlomeno assicurata.
  5. Immediatamente dopo lo sgancio, viro a sinistra e mi preparo mentalmente (“niente panico...sei stato un coglione ma ora sei in grado di atterrare perfettamente...l’aliante ha un’altezza più che sufficiente per impostare un circuito quasi normale...”) ad effettuare – un po’ più bassino ma ancora ampiamente nei parametri – un atterraggio “dopo sgancio basso”.
  6. Bravo Stefano! Ora che sei riuscito a rimettere tutto a posto, perché non provi di nuovo a chiudere il cupolino, “tanto per star tranquilli”? Detto, fatto: e questa volta, non più trainato per il ventre ma anzi appesantito dai miei bei 90-e-passa chili sul sedile, l’aliante punta decisamente verso terra. Mollo il cupolino (che, poverino, non provava neppure troppo ad aprirsi...) e tiro a me la barra, recuperando un assetto orizzontale; mi sono bruciato però l’altezza che mi serviva ad impostare il circuito normale. Ora DEVO atterrare in favore di vento, con questa macchina che non la tiri giù neanche a cannonate.
  7. Per la repentina picchiata, l’aliante ha accumulato un’enorme quantità di energia cinetica, che cerco goffamente di disperdere con una cabrata...e mi sto mangiando la pista...e la terra si avvicina...e il mio distacco professionale comincia a sembrare la famosa diga del ragazzino olandese: piccole falle qua e là che piccole dita sottili non riescono a tappare.
  8. Devo mettere giù questo coso prima che succeda qualcosa di davvero, davvero brutto...e mi ricordo come in un sogno a occhi aperti un lontano briefing dello Squarcia che recitava più o meno “un’imbardata a terra è un incidente automobilistico, ma un’imbardata con l’aliante ancora in volo...e vi recuperano con il Folletto”.
  9. Ok, devo atterrare. Subito. Dai...sono un po’ troppo veloce...cabro...ahi, troppo...raddrizzo...minchia come vado...ecco…no…vabbè, ORA! 
  10. Tocco terra con uno schianto che definirei “assordante”, che mi si ripercuote sulle prime vertebre dorsali (buffo come mi venga in mente in quel momento che, mentre mi trainava in testata 36 con la macchinina, con Luca abbiamo proprio parlato del mio intervento di ernia del disco nel 2003...); tra l’inconscio e il cosciente-ma-incasinato tengo la barra in avanti per non far sbattere la coda mentre il povero I-OKAY (che in questo momento tanto “OK” non si sentirà...) comincia il suo “incidente automobilistico”: imbarda, perde il pattino di coda, compie un altro mezzo giro e si ferma...con il cupolino che, finalmente aperto, cigola sinistro!

Sgancio le cinture e salto fuori dall’abitacolo neanche fosse rovente; saltello: le gambe ci sono, mi muovo discretamente anche se la schiena fa un male cagnaccio. Arrivano Vitto, il Buffa e dopo un po’ anche Luca; anche Re scende dalla torre e si avvicina.

Facciamo un primo controllo dei danni; la pancia un po’ ammaccata, il pattino volato via (poi ritrovato), il supporto del cupolino un po’ “strosciato” e, in un punto nella parte inferiore delle ali (che si sono flesse fino a toccare il suolo nel momento del contatto con la pista) il gelcoat incrinato per una decina di centimetri.

 “Come stai? Tutto ok? Non ti preoccupare, l’aliante si ripara, il pilota un po’ meno...stai tranquillo adesso”; non una parola sui miei errori. Quelle, com’è giusto, arriveranno; ma ora no. Grazie ragazzi, grazie davvero.

Che dire? A bocce ferme, mi sento un vero coglionazzo. Come si può pensare di mollare la barra durante il traino a 150 metri di quota? Ma quale perverso meccanismo ti esplode nel cervello quando meno te lo aspetti? Una volta accertato che il cupolino era aperto, cosa avrei dovuto fare? Boh, direi qualcosa tipo:

  • “Luca da AlfaYankee: ho il cupolino aperto. Evita le virate e sali dritto lentamente, per favore.”
  • Sgancio a 4-500 metri, proseguo dritto, trimmo un po’ l’aliante e SOLO ORA mollo brevemente la barra per chiudere il cupolino.
  • Ammettendo comunque il primo errore e il conseguente sgancio a 150, devo pensare da quel momento in poi SOLO all’atterraggio, e si fotta il cupolino aperto.

Una piccola riflessione, che ripeto più che altro a mio beneficio esclusivo: ogni tanto le check-list vengono considerate tediose poesie da recitare a memoria (sbuffando, qualche volta): invece, ogni volta senza eccezioni, vanno “sentite” dentro; quando qualcosa viene ad interrompere la normale procedura (tipo aprire il cupolino per parlare con qualcuno in attesa del decollo…vero?), ricominciare la lista dei controlli pre-volo può far perdere qualche minuto, ma sicuramente non gelcoat, pattini di coda o peggio vertebre...senza considerare i pantaloni in lavanderia!

Voglio approfittare dell’occasione – ancora una volta – per ringraziare di cuore le splendide persone che mi hanno aiutato subito dopo...diciamo il “contatto”, e successivamente per le pratiche assicurative, il trasporto all’officina...ma soprattutto per le telefonate, le belle parole, i consigli non saccenti ma dettati dalla passione. Un particolare ringraziamento al mio socio Fulvio che, quando gli ho comunicato la notizia dell’incidente al nostro Ragazzo, senza batter ciglio mi  ha chiesto “Ma tu come stai? Non ti preoccupare per l’aliante”. Non esiste un numero finito di “bottiglie” da pagare...comincerò con le damigiane!!

Grazie per l’ospitalita. Qualcosa mi dice che “Hai chekkato il cupolino?” diventerà un vero tormentone estivo.

Stefano Lasagna

NOTA: anche se l’argomento trattato è ben lungi dall’essere ludico o comico, il mio stile di scrittura proprio non riesce ad evitare una sorta di ironia che potrebbe essere travisata in sfrontatezza, incoscienza o delirio di onnipotenza. Tutt’altro. Anche dopo aver ringraziato in privato il Sommo Volatile per avermi somministrato una lezione tutto sommato non eccessivamente onerosa, quei pochi metri di discesa non-troppo-controllata popolano tuttora i miei sogni notturni con una costanza direi quasi “da incubo”! Confido quindi nell’abilità dei lettori di discernere il vero, tetro sottobosco sotto le fragili, futili foglie colorate.

Questione di"peeling"


…Questione di “Peeling” **…

 

**Dicesi “peeling” in questo caso l’atto di “pelare” il costone di un monte

con un qualsiasi mezzo volante allo scopo di guadagnare quota.

 

           Ogni lunedì e, lo confesso, parecchie volte durante la settimana, mi prendo alcuni minuti di “stacco aziendale” e dal mio posto di lavoro digito l’indirizzo Internet del Fulvio Padova, dove spero di trovare qualche nuovo contributo dell’ineffabile FS che mi aiuti a decollare dalla pur comoda poltrona girevole-munita-di-braccioli-anatomici-a-norme-ISO e a trovarmi in pochi istanti ad osservare il mondo dall’abitacolo di una splendida macchina volante che scivola nell’aria sopra le teste dei comuni mortali terricoli.

 Una domenica ogni tanto – compatibilmente con il rigidissimo calendario compilato lo scorso autunno – ho la fortuna ed il privilegio di sedere anch’io all’interno (per la verità strettissimo) dell’abitacolo del Libelle I-SOLO e di decollare dall’aeroporto di Albenga destinazione…non paradiso ma quasi!

 Leggendo i resoconti delle imprese “a lunga gittata” del prode FS e dei suoi non meno invidiati Compagni di Termica, anche per noi - giovani piloti spiumati freschi di brevetto - il far quota ad Albenga sembrava facile come girare il fumo dell’Italsider a Novi Ligure, immersi in quella pianura sterminata che anche se fai la Cappella del Millennio (il filo di sbieco, quel rumorino vibrante tipo pre-stallo che ti ricorda che non sei esattamente sulla Graziella con le rotelle, la velocità che per un po’ ti scordi di controllare e ti trovi di colpo a 130 oppure a 60, il temibile Roccolo Pernicioso In Senso Contrario) hai milioni di metri cubi di spazio tridimensionale per recuperare e puoi cavartela con una risatina un po’ isterica, le ascelle di colpo umidicce e un sinistro tremolio alla gamba.

 Domenica 28 Gennaio mi presento gasatissimo ad Albenga, e mentre con Stefano e Angelo – e la gentile ma severa supervisione di Vittorio - montiamo il Libelle I-SOLO, il nostro udito è accalappiato dal resoconto volatorio del giorno prima; le previsioni sono per una grande giornata anche oggi, ed il pensiero di fare quota in questo “posto nuovo” ci attira come le Sirene con Ulisse.

 Si portano gli alianti in testata pista, e mentre ci stiamo apprestando all’inizio dell’attività, una lepre burlona pensa bene di attraversare la pista a balzelloni proprio mentre un aereo sta atterrando; l’ultimo balzo dell’animale – quando si dice “un traversone sbagliato” – incoccia malauguratamente con l’elica ed il risultato (rumore-odore-colore) è quantomeno disgustoso; solo per la Causa del Rapido Decollo il sottoscritto, via radio con la Torre, si offre volontario per andare a liberare la pista; la gloriosa Biga Alianti raggiunge in pochi istanti il luogo dell’incidente e il disgustoso spezzatino di selvaggina viene trascinato a bordo prato a mani nude (fotografie disponibili su richiesta per i maniaci dello splatter). Pronti alla partenza!

 “Fusibile” della giornata viene eletto Cesco, che decolla dietro Alfa Sierra e scompare ben presto tra i monti. Qualche istante dopo l’atterraggio del traino ci raduniamo vicino alla radio  per sentire dal mitico FS le prime impressioni di volo; visto che Alfa Sierra sta occupando la pista a motore acceso, per non buttare via denaro in orametro inutile viene “sorteggiato”, diciamo così, il successivo volatore: il vostro simpatico cantastorie qui presente. Indossato il paracadute e versato, più che infilato, di prepotenza nel Libelle con l’ausilio di un calzascarpe di corno, tre etti di burro che neanche Marlon Brando e la rimozione coatta di ogni accessorio rubaspazio all’interno dell’abitacolo (in un eccesso di zelo qualcuno ha cercato di rimuovere anche la pedaliera), vengo trascinato in retromarcia verso la testata pista; neanche il tempo di chiedere l’autorizzazione all’allineamento che vengo agganciato, controllato, liberato del pivotante, sollevato per un ala e lanciato per la 09 al grido di “Va là che vai bene!”.

 Il ginocchio sinistro è spalmato sul comando dei diruttori, il cupolino mi sta deformando la nuca, gli stinchi sono ormai a tibia sanguinolenta contro il cruscotto e la pedaliera (allontanata al massimo ma sempre troppo vicina) mi causa un fastidioso crampo al polpaccio, mitigato per fortuna dalla sensazione di progressivo intorpidimento degli alluci e dal dolore pulsante del gomito destro intrappolato tra il microfono ed il comando del carrello; dimenticavo, sto anche pilotando l’aliante al traino e tutto considerato non va neanche malaccio, tipo che il cavo è ancora in vista così come – quasi sempre – l’aereo che traina.

Dopo qualche turbolenza ben sopportata con solo lievissime emissioni di gas intestinali e bestemmie sottovoce, finalmente a quota 3500 piedi sgancio il cavo e mi trovo sulla verticale di un monte che – abituato alle verdi pianure del Novese – mi sembra una compilation di crepacci rocciosi stile Himalaya. Con voce un po’ troppo stridula per il mio metro e novantuno saluto Albenga Torre che non mi caga…forse non ho schiacciato bene il pulsante…; la risaluto attendendo risposta e suiccio (da “to switch”) la frequenza sui 123,375. Chiamo Cesco – che vedo spiralare in lontananza…decisamente troppo lontano da raggiungere, almeno in questa vita – e gli chiedo com’è la situazione; mi dice che non è poi così buono e che non mi conviene andargli dietro; lo ringrazio (senza confessare apertamente che non mi sognavo nemmeno di seguirlo, anche senza consiglio…) e decido di cercare per conto mio qualche sbuffetto ascensionale.

Gioco un pochino al parapendista, costeggiando con dei timidi “otto” il fianco del monte e godendo non tanto del guadagno di quota quanto della perdita limitata…quando ad un tratto sento l’ala destra che si alza decisamente! Senza pensarci troppo viro alla ricerca della termica…e mi trovo a guardare le singole pietre della montagna…ben visibili una ad una e troppo, TROPPO vicine per i miei gusti e la mia esperienza di pilota di monoposto; degno sostituto della Madonna di Lourdes, lo Squarcia mi si materializza sul cruscotto e mi ricorda – indice ammonente - che “la scelta di virare verso la montagna non consente un secondo tentativo…il primo errore è statisticamente sufficiente”; mentre l’eco della sua voce alligna ancora dentro l’abitacolo, la prua del mio Libelle si è riportata drasticamente verso il centro valle dove mi illudo sempre troppo ottimisticamente di riuscire a sfangare qualche metro di quota…speranza ovviamente fallace ma che mi consente comunque di “farmi un po’ le ossa” in un ambiente decisamente meno familiare ed amichevole del cielo di Novi ma non troppo preoccupante come il ciglio del dirupo di poc’anzi.

Raggiunta la quota di rientro, torno alla frequenza Torre e annuncio la prenotazione ed il successivo sottovento per la 27; vuoi il vento laterale, vuoi l’abitacolo ben poco abitabile, vuoi la pista troppo lunga, vuoi il desiderio di fare bene che di norma viene disatteso…vuoi, vuoi, vuoi…e anche se non volevi, l’atterraggio che ne deriva è di quelli da dimenticare, da abbandonare l’aeroporto rasentando la recinzione dopo aver abraso le sigle dalla fusoliera dell’aliante per non essere riconosciuto, da crearsi un alibi con testimoni fasulli che dichiarano di averti visto ballare in un localaccio gay di Spotorno nello stesso istante in cui l’aliante si spalmava sulla pista di Albenga. Mal comune mezzo gaudio, anche i miei coetanei di licenza non seguono la scia di Cesco né tantomeno le termiche tentatrici vicino alla montagna, e dopo un volo decoroso toccano terra anch’essi, devo ammettere quasi tutti con più stile.

Sul sito, a corredo dell’articolone, fanno bella mostra di sé le splendide foto di Cesco, dai monti innevati del Cuneese alla Gallinara; il mio contributo è molto più modesto, ma le foto le ho scattate davvero col cuore…in gola!

Per aspera ad astra…e speriamo l’anno prossimo di poter rileggere queste righe con un misto di rimpianto e derisione dall’alto delle nostre “termiche di montagna”, mentre altri giovani piloti ci si potranno rispecchiare, come noi senza vergogna, come noi pieni di entusiasmo e voglia di migliorare, di crescere…di volare alto e lontano!

Grazie per l’ospitalità, e sempre grazie di cuore a tutti i “veterani” che sacrificano tempo, energia ed ore di volo per dedicarsi a cucirci addosso qualche piuma.

 

                                                                                                         Stefano Lasagna

Allegate: foto monti Albenga dall’abitacolo del Libelle I-SOLO, foto dell’aeroporto di Albenga “da lontano” (tutto è relativo!)

Il mio Piper



volare è sempre una magia !
 

Domenica 14 Gennaio 2007,

Ancora un weekend ucciso dalla meteo, anche oggi un'ora di auto, una speranza, che già sul passo dei Giovi si trasforma in sconfitta, la schiarita che lascia spazio alla nebbia. 

Di volare ad Albenga non se ne parla, la meteo in Liguria è anche peggio che a Novi, il cielo invernale è disturbato da un vento di libeccio fuori stagione che ammucchia nubi basse sulle basse cime degli Appennini.

Mi ritrovo sul campo di Novi, accolto dai pochi amici che con ogni tempo, come me, non possono fare a meno di respirare l'aeroporto, il suo prato e le porte dell'hangar che si aprono rumorosamente, lasciando filtrare il debole sole sulle ali tristi dei mezzi in letargo.

Dopo pranzo, dopo i soliti racconti e le fantasticherie su dove andremo, su cosa faremo, mi ritrovo a camminare accanto all'ASWK21 del Club. 

Il magico essere volante sembra addormentato e non pare aver voglia di muoversi fuori dalla sua cuccia; come lui, anche Vittorio e Michele indaffarati intorno al motore del Robin, non accusano la mia tristezza...

Mi sbagliavo.

Sono le 3,00 del pomeriggio e il cielo, come a farmi un dispetto, è sempre più blu, scaldato dal sole che finalmente si prende uno spazio deciso; io giro senza pace tra il bar, la sala briefing e il bagno! ormai sento di essere spacciato e quasi decido di rientrare a casa quando Borgo si avvicina e mi chiede: 

"ma vuoi proprio volare ? devo fare un volo officina con il Piper... potresti venire con me"

ma che domande son queste!!! certo che vengo con te... anche in capo al mondo, purché volando !!! Non ho detto proprio queste parole ma sono sicuro che lui le ha sentite lo stesso.

Vito esegue i controlli e io mi sistemo a bordo del piccolo aereo bianco e rosso, il sogno di ogni pilota e oggi anche il mio, oggi irresistibilmente attratto da questo mucchio di tela, tubi e amore per il volo, più forte dell'istinto che mi invita a non tradire il volo silenzioso, più forte dell'imbarazzo per questa debolezza che forse dovrei nascondere, più forte di tutto...

Lui risponde fedele ai comandi di Borgo, tutto motore... barra tutta avanti, pochi metri alza la coda... barra in centro... il carrello è ora più leggero e... 

la magia si ripropone in tutta la sua grandezza... siamo in volo!

Saliamo senza peso, veloci quanto basta, sempre più lontani da questa terra cara e odiata; non penso a niente, non esiste più niente tranne il suono del motore e  del vento. Il primo è caldo e armonioso come uno strumento musicale perfettamente accordato, come un vecchio pianoforte nelle mani di un Maestro... il vento invece è l'amico di sempre, la velocità che mi regala il volo, l'energia che mi ancora alle nubi.

Borgo continua a fare i suoi controlli mentre io mi perdo in questo cielo.

Più saliamo e più la terra non è che un ricordo, sembra che questa salita non debba finire  mai. Ogni metro guadagnato è un nuova prospettiva; prima la foschia e le montagne in controluce, poi sempre più blu, il cielo è il vero padrone, sopra le nubi, sopra i pensieri e lo spazio si allarga all'infinito.

 

 

 

 

 

 

Lui è contento, lo sento. 

Ormai il suono è diventato un canto e mi ritrovo a fischiettare anch'io un motivetto senza tempo nell'interfono, come quando a bordo della mia vecchia Guzzi, fischiettavo sereno, lasciandomi stordire dal vento sul viso, in una tiepida serata estiva.

Borgo mi riporta alla realtà e annuncia alla torre la lunga base sinistra.

Pochi attimi e tutto finirà... ma quanto devo oggi a questo Uomo. 

Non so quanto fosse importante fare proprio oggi questo volo officina, ma sono certo che Lui sapeva quanto fosse importante per me.

Grazie a Lui e... grazie Vito.

FS

Novi-Fayence-Novi 06


22-23 Aprile 2006

NOVI-FAYENCE-NOVI

 

Dovevamo partire solo per un normale voletto primaverile, io non stavo nemmeno troppo bene, infastidito da un principio di bronchite e al mio arrivo al campo, ero seriamente intenzionato a non montare il mio amato Discus.

ma come si fa a stare a terra quando il cielo, per la prima volta da mesi, si presenta così: cumuli bellissimi con basi piatte e scure, già alle 11 del mattino; nessuna foschia e una leggera brezza da nord, perfettamente allineata con la pista..

La decisione è presa, cercherò di non sudare e di non espormi ad inutili raffreddamenti ma si va in volo e... via di corsa a montare il Discus, solo all'ultimo decido di caricare a bordo anche lo zainetto con il minimo necessario per un eventuale fuori campo.

In linea Vittorio. annusando l'aria e il prolungamento del fronte verso ovest, esprime una preferenza per un volo in direzione della Francia... tanto a levante si ci può sempre andare mentre a ponente è una rarità.

Siamo in volo, e i cumuli a sud della città non tradiscono, confermando la base a 2.000, ottimo trampolino verso la rotta di ponente; intanto il gruppo si compatta e insieme a Vittorio con il suo Cirrus standard, ci avviamo io, Alberto Raselli con il Libelle del Club e Dino Giacobbe con il suo Ventus 15mT. 

Con noi nella prima parte del volo anche il Bufa e Mimmo, anche se entrambi rientreranno prima del confine con la Francia.

Voliamo veloci e sicuri fino alla prima neve di Prato Nevoso, che segna il passaggio in una massa d'aria più umida e meno energetica... non ci voleva proprio ora che eravamo quasi arrivati al confine ! 

Isola-2000, faccio casino con il GPS e non riesco a dare le indicazioni corrette a Vittorio che, per non commettere imprudenze, decide di rientrare sul percorso standard anche se era alla portata una deviazione efficiente. 

Lasciamo l'Argentera e rientriamo quindi sulla valle di Demonte che da Cuneo porta al Colle della Maddalena e Alberto si incatrama in una salita che non ne vuol sapere... Vittorio lo sprona a concentrasi per salire bene e dopo alcuni minuti di tensione, ci assicuriamo i 3.500, quota necessaria per proseguire e affacciarci sul confine Italo-Francese.

Finalmente il passo della Maddalena, sotto di noi poco più avanti, dietro la curva della valle, appare Barcellonette e la decisione è presa quasi senza pensarci: non si torna più indietro, si prosegue in direzione di Fayence, dove Franco Borghero ci ha anticipati in vacanza. Ma ecco che arriva la sua chiamata per radio, è in volo anche lui di rientro da Bardonecchia, ci fornirà preziose indicazioni per tutto il volo.

ll volo in territorio Francese non ha storia, il cielo è incredibile, cumuli piatti si estendono ovunque e sotto di noi lo scenario delle Alpi perfettamente imbiancate.

Io faccio fatica a orientarmi, anche se la valle che dal Col d'Allos porta a Thorame la conosco bene, grazie ai voli estivi... ma d'inverno è un'altra cosa. 

Andiamo sparati e le poche salite che ci separano dalla meta sono potenti, ci lasciamo un fronte temporalesco a ponente e passiamo sul monte del Cheval Blanc ad una quota che in estate non ricordo di aver mai avuto, poi il lago di St. André e sul costone a ovest della riva nord facciamo l'ultima quota sotto un "padellone" da +5m/s... fantastico !!!

L'atterraggio a Fayence è magico, non mi sembra vero di dichiarare il "Discus Italien  D-59, vent arriere pour la 10" e infine la ruota tocca terra... caspita quanto corre oggi questo aliante !!! la stanchezza a momenti mi costa una disastrosa imbardata a causa del vento in coda che non avevo calcolato a dovere. 

Arriva Franco, ci abbracciamo, felici di aver compiuto il volo tanto atteso, e poi i complimenti degli amici di Novi al telefono e di Michel, boss della scuola Francese.

Poi via di corsa al supermercato per comprare spazzolini, bagnoschiuma e... biancheria di ricambio.

La giornata finisce brindando, ospiti di Franco e Annalisa sotto il portico di "Maison Bibo".

Non vi racconterò il viaggio di ritorno, anch'esso fantastico e ricco di emozioni e insegnamenti, vi lascio solo con quest'immagine quasi tangibile che solo chi vola e frequenta i campi di volo saprà capire: 

 

"...è buoi ormai sul campo di Fayence, passeggiamo sereni nel silenzio assoluto, rotto solo dal gracidare di rane insonni e dal nostro bisbigliare, mentre smaltiamo l'ultima adrenalina della giornata, ripercorrendo  i momenti importanti del volo di oggi. 

Sopra di noi un cielo stellato senza fine e l'umidità della notte che inizia a farsi sentire mentre camminiamo senza fretta sul prato e ci avviamo alle nostre camerette per una notte di meritato riposo.  

Che pace questo cielo, fino a poche ore prima affollato di traini e atterraggi, e che stelle questa notte, speriamo ci portino fortuna e siano di buon augurio per la giornata di domani. 

Resterei ancora un po' qui sull'erba del campo a godermi la notte di Fayence, bella come la notte di Novi dopo un bel volo di pianura o come qualsiasi altra notte sul prato di una pista di volo; ma si sta facendo tardi, è ora di provare a dormire... domani ci aspetta un'altra splendida avventura."

Un ringraziamento a Franco e Annalisa per l'amicizia, all'AEROCLUB DI FAYENCE per la squisita ospitalità e un particolare grazie a Vittorio, per averci guidato con professionalità in questo volo indimenticabile.

FS

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